E’ giunto il momento di capire come risolvere le equazioni di primo grado, espresse in forma generale. Nella precedente lezioni ci siamo infatti occupati soltanto di equazioni di primo grado in forma normale, o comunque riconducibili alla forma normale semplicemente sommando tra loro dei termini simili al primo membro.
Per risolvere le equazioni di primo grado, l’idea è quella di ricondurre l’equazione di partenza alla forma normale. E per fare questo, dovremo riscrivere l’equazione data in equazioni ad essa equivalenti via via più semplici, fino ad arrivare all’equazione in forma normale, che sappiamo risolvere. Gli strumenti che ci consentono di riesprimere l’equazione di partenza in una forma via via più semplice si chiamano principi di equivalenza.
Vediamo allora subito come risolvere le equazioni di primo grado. Considereremo nello specifico un’equazione di primo grado nella forma generale, riconducendoci alla sua forma normale mediante l’utilizzo dei principi di equivalenza e le loro conseguenze.
Nella lezione ci occuperemo della risoluzione di equazioni di primo grado intere, ovvero equazioni nelle quali l’incognita non compare mai a denominatore.
Daremo comunque uno sguardo anche alle equazioni di primo grado frazionarie, o fratte. Si tratta di equazioni che presentano l’incognita {x} anche a denominatore. Ci occuperemo di queste equazioni soltanto “di striscio”, limitandoci alle sole considerazioni sulla corretta applicazione dei principi di equivalenza.
Infine, vedremo anche come risolvere le equazioni intere a coefficienti frazionari. Si tratta di equazioni intere poiché la {x} non compare mai al denominatore ma nelle quali uno o più coefficienti sono frazioni numeriche. I denominatori presenti in questo ultimo tipo di equazioni sono, quindi, soltanto numeri.
Risolvere le equazioni di primo grado: equazioni equivalenti
Ricordiamo che data l’equazione:
ax+b=0
questa se è determinata ammette l’unica soluzione:
x= -\dfrac{b}{a}
Ciò premesso, introduciamo la definizione di equazioni equivalenti.
Due equazioni si dicono equivalenti se hanno le stesse radici o soluzioni.
In altre parole, due equazioni si dicono equivalenti se sono verificate per gli stessi valori. Così ad esempio le equazioni:
2x+3=0
e
4x+6=0
sono equivalenti poiché entrambe verificate per la stessa soluzione. Applicando infatti la formula risolutiva {x=-\dfrac{b}{a}} vista nella precedente lezione abbiamo:
2x+3=0; \qquad \Rightarrow \qquad x = \boxed{-\dfrac{3}{2}}
4x+6 = 0 \qquad \Rightarrow \qquad x = -\dfrac{6}{4}=\boxed{-\dfrac{3}{2}}
Non sono invece equivalenti le seguenti equazioni:
2x+1=0; \qquad x+7=0
infatti la prima è verificata per {x=-\dfrac{1}{2}}, mentre la seconda è verificata per {x=-7}. Le due soluzioni sono evidentemente differenti.
Ora, supponiamo di dover risolvere l’equazione:
2x+5x+7=5+9x-2+7
Siamo sempre in presenza di un’equazione di primo grado. Infatti la {x} non compare con esponente maggiore di {1} e si presenta certamente almeno una volta con esponente {1}. Tuttavia, non siamo nel caso della forma normale {ax+b=0}, ma piuttosto abbiamo due polinomi (non in forma normale) uguagliati tra loro.
Per risolvere l’equazione dobbiamo riuscire a riscriverla come un’equazione in forma normale ad essa equivalente. Così, risolvendo l’equazione ottenuta con le tecniche a noi note avremo trovato le eventuali soluzioni anche dell’equazione di partenza. Ma per fare questo ci servono i principi di equivalenza.
I principi di equivalenza: gli strumenti per risolvere le equazioni
Vediamo i principi di equivalenza nel caso delle equazioni di primo grado. Tuttavia, come vedremo nel prosieguo degli studi, tali principi si adattano anche ad altri tipi di equazioni.
Prima di procedere ad enunciare i due principi di equivalenza, è opportuno introdurre la definizione di campo di esistenza di un’equazione.
Come già anticipato nella precedente lezione, per risolvere un’equazione dobbiamo chiarire in quale insieme numerico ricercare le sue eventuali soluzioni. Abbiamo detto che sottintenderemo sempre di cercare le soluzioni in tutto l’insieme dei numeri reali.
Ora, un’equazione di primo grado intera ha come possibili soluzioni tutto l’insieme dei numeri reali. Infatti, poiché ogni equazione di primo grado può essere espressa nella forma normale:
ax+b=0
ovvero:
P(x)=0
con {P(x)} polinomio di primo grado in forma normale, è evidente che il primo membro dell’equazione, ovvero proprio tale polinomio, avrà significato per qualunque valore reale attribuito alla {x}. Infatti, come sappiamo un polinomio è un’espressione che contiene solo somme e moltiplicazioni, e tali operazioni sono possibili con qualsiasi operando reale.
In altre parole, è possibile sostituire alla {x} in un polinomio un qualsiasi valore, ottenendo sempre un’espressione che ha significato e potendo quindi sempre calcolare il corrispondente valore.
Così, diremo che un’equazione di primo grado intera, essendo come detto sempre esprimibile nella forma “polinomio di primo grado uguale a zero”, ha come campo di esistenza l’intero insieme dei numeri reali.
Allo stesso modo, diremo che il campo di esistenza di un’espressione nella variabile {x} è l’insieme dei valori della {x} per i quali l’espressione ha significato ed è quindi possibile calcolarne il valore.
Così ad esempio l’equazione intera:
x+3=0
ha come campo di esistenza l’intero insieme dei numeri reali. E anche l’espressione a primo membro {x+3} ha come campo di esistenza l’intero insieme dei numeri reali.
Invece, equazioni o espressioni nelle quali compare la {x} a denominatore almeno una volta non hanno come campo di esistenza l’intero insieme dei numeri reali. Ad esempio l’equazione:
\dfrac{2x+3}{x}=0
non ha come campo di esistenza l’intero insieme dei numeri reali. Infatti l’espressione {\dfrac{2x+3}{x}} non ha senso per {x=0}, in quanto la divisione per zero non è ammessa e di conseguenza il denominatore non può essere nullo.
Veniamo ora finalmente agli enunciati dei principi di equivalenza.
Primo principio di equivalenza. E’ possibile aggiungere o togliere ad entrambi i membri di un’equazione una stessa quantità ottenendo un’equazione equivalente a quella data, a patto però che tale quantità sia un numero o anche un’espressione contenente l’incognita avente obbligatoriamente lo stesso campo di esistenza dell’equazione.
Riprendiamo allora l’equazione:
2x+5x+7=5+9x-2+7
Applicando il primo principio possiamo togliere ad entrambi i membri la quantità numerica {7}:
2x+5x+7-7=5+9x-2+7-7
ottenendo:
2x+5x=5+9x-2
Come possiamo vedere in questo modo abbiamo un’equazione che contiene meno termini. E siccome abbiamo applicato il primo principio di equivalenza, l’equazione appena ottenuta è equivalente a quella di partenza.
Ora, poiché vogliamo ottenere un’equazione equivalente a quella di partenza ma in forma normale, dobbiamo applicare ripetutamente il primo principio di equivalenza fino a ritrovarci con il secondo membro (l’espressione a destra dell’uguale) uguale a zero.
Poiché al secondo membro figura il termine {-2}, e dato che {-2+2=0}, procediamo aggiungendo la quantità {2} ad entrambi i membri dell’equazione:
2x+5x+2=5+9x-2+2
otteniamo:
2x+5x+2=5+9x
Ora abbiamo due soli termini al secondo membro. Ora, procedendo sempre in questo modo, il passo successivo sarà aggiungere ad entrambi i membri la quantità {-9x} (somma algebrica). Ciò equivale, chiaramente, a togliere la quantità {9x} ad entrambi i membri:
2x+5x+2-9x=5+9x-9x
ottenendo:
2x+5x+2-9x=5
Ormai siamo quasi arrivati ad avere zero al secondo membro. Togliamo {5} ad entrambi i membri. Otteniamo (scriviamo direttamente il passaggio conclusivo):
2x+5x+2-9x-5=0
A questo punto non resta che sommare tutti i termini simili a primo membro, ottenendo la seguente equazione in forma normale:
-2x-3=0
Per procedere abbiamo bisogno del secondo principio di equivalenza.
Secondo principio di equivalenza. E’ possibile moltiplicare o dividere entrambi i membri dell’equazione per una stessa quantità diversa da zero ottenendo un’equazione equivalente a quella data, a patto che la quantità sia un numero o un’espressione contenente l’incognita avente lo stesso campo di esistenza dell’equazione.
Così l’idea nell’equazione che stiamo risolvendo è quella di moltiplicare entrambi i membri per {-1}:
(-1)(-2x-3)=0 \cdot (-1)
Otteniamo:
2x+3=0
L’equazione appena scritta è ancora equivalente a quella di partenza. A questo punto è possibile applicare la formula risolutiva vista nella precedente lezione, oppure ragionare ancora con i principi di equivalenza.
Osserviamo che il nostro obiettivo è isolare la x, ovvero lasciare la {x} sola al primo membro. Così, dovremo a questo punto applicare il primo principio di equivalenza, sottraendo {3} ad entrambi i membri dell’equazione. Abbiamo:
2x+3-3=0-3
e quindi, sommando i termini simili:
2x=-3
Ora, poiché al primo membro desideriamo la sola {x}, non resta che dividere entrambi i membri per la quantità {2}, ovvero dividere entrambi i membri per il coefficiente della {x}. Abbiamo:
2x:2=-3:2
ovvero:
(2:2)x=-\dfrac{3}{2}
e in conclusione:
x = -\dfrac{3}{2}
e questa è la soluzione dell’equazione di partenza.
Il risultato coincide con quello che avremmo ottenuto applicando la formula risolutiva {x=-\dfrac{b}{a}}.
Osserviamo che nell’applicare il secondo principio di equivalenza abbiamo sempre moltiplicato o diviso entrambi i membri per quantità diverse da zero.
Le condizioni sul campo di esistenza nei principi di equivalenza
Vediamo cosa succede applicando i principi di equivalenza utilizzando delle espressioni contenenti l’incognita e non più soltanto dei numeri. Consideriamo l’equazione:
3x+2=2x \qquad (*)
Se aggiungiamo ad entrambi i membri la quantità {4x} otteniamo un’equazione equivalente a quella data:
3x+2+4x=2x+4x
Infatti l’espressione {4x} ha lo stesso campo di esistenza dell’equazione, ovvero può essere calcolata a partire da qualsiasi valore della {x}.
Proviamo invece a aggiungere ad entrambi i membri dell’equazione di partenza la quantità {\dfrac{2}{x+2}}:
3x+2+\dfrac{2}{x+2}=2x+4x+\dfrac{2}{x+2} \qquad (**)
L’equazione ottenuta non è equivalente a quella di partenza, in quanto l’espressione \dfrac{2}{x+2} non è definita in tutti i reali. E’ immediato infatti accorgersi che per {x=-2} il denominatore {x+2} si annulla. E come sappiamo la divisione per zero non è ammessa.
Così mentre risolvendo l’equazione * otteniamo la soluzione:
3x+2=2x; \quad 3x+2-2x=2x-2x; \quad x+2=0; \quad \boxed{x=-2}
l’equazione ** non ha invece come soluzione {x=-2}, poiché per tale valore si annullano i denominatori {x+2}. Dunque, pur essendo stata ottenuta a partire dalla * aggiungendo ad entrambi i membri una stessa quantità, l’equazione ** non è equivalente ad essa perché la quantità {\dfrac{2}{x+2}} non ha lo stesso campo di esistenza dell’equazione di partenza.
In generale quindi, nell’applicare i principi di equivalenza dobbiamo stare attenti a non alterare il campo di esistenza dell’equazione.
Come ulteriore esempio in merito, l’equazione frazionaria:
\dfrac{2x-6}{x-3}=0
non ha significato per {x=3}. Infatti, per tale valore si annulla il denominatore. Quindi, per risolvere l’equazione non possiamo applicare il secondo principio di equivalenza moltiplicando entrambi i membri per {x-3}. Proviamo a farlo e vediamo cosa succede:
\dfrac{2x-6}{x-3} (x-3)=0 \cdot (x-3), \quad \Rightarrow \quad 2x-6=0
La nuova equazione intera così ottenuta non è equivalente a quella di partenza. Infatti la nuova equazione ha soluzione {x=3}. Ma la soluzione non è accettabile per l’equazione di partenza, poiché per {x=3} si annulla il denominatore {x-3}. Eppure abbiamo moltiplicato entrambe le quantità dell’equazione di partenza per la stessa quantità.
L’imbroglio sta nel fatto di aver moltiplicato entrambi i membri per un’espressione con un diverso campo di esistenza rispetto all’equazione di partenza. Ed abbiamo così fatto il danno di introdurre la soluzione estranea {x=3}, che è un valore al di fuori del campo di esistenza dell’equazione di partenza. Quindi, nell’applicare i principi di equivalenza, attenzione.
Osservazione. Vedremo più avanti che sarà comunque possibile risolvere le equazioni di primo grado frazionarie riconducendole ad intere, ma imponendo un’opportuna condizione che prevenga la possibilità di ottenere soluzioni estranee, ovvero “finte” soluzioni. Tale condizione, lo anticipiamo, consiste nell’imporre il denominatore diverso da zero e nell’escludere la soluzione corrispondente.
Metodo pratico per risolvere le equazioni di primo grado: conseguenze dei principi di equivalenza
Dal primo principio di equivalenza consegue che:
E’ possibile trasportare un termine da un membro all’altro dell’equazione cambiandone il segno.
Ad esempio, data l’equazione:
x+2=0
potremo direttamente trasportare il termine {2} al secondo membro cambiandone il segno:
x=-2
Ciò discende dal primo principio di equivalenza poiché equivale a togliere ad entrambi i membri dell’equazione di partenza la quantità {2}.
Veniamo ora ad un’altra conseguenza del primo principio di equivalenza.
Se uno stesso termine compare in entrambi i membri dell’equazione, detto termine può essere cancellato in entrambi i membri.
Ad esempio, data l’equazione:
x+3=2+3
possiamo cancellare il termine {3} in entrambi i membri:
x+\cancel{3}=2+\cancel{3}
ottenendo:
x=2
Ciò è una conseguenza del primo principio di equivalenza poiché effettivamente equivale a togliere {3} ad entrambi i membri dell’equazione di partenza.
Passiamo ora alla conseguenza del secondo principio di equivalenza.
In un’equazione intera è possibile eliminare eventuali denominatori numerici moltiplicando entrambi i membri dell’equazione per il minimo comune multiplo di tutti i denominatori presenti.
In alternativa, è possibile portare tutti i termini dell’equazione al primo membro e quindi moltiplicare entrambi i membri per il denominatore comune dei termini stessi. E poiché il secondo membro una volta eseguita l’operazione indicata è zero, ciò equivale nella pratica a moltiplicare per il denominatore comune il primo membro.
Consideriamo ad esempio la seguente equazione di primo grado intera a termini frazionari:
\dfrac{2}{3}x+9=\dfrac{4}5{x}+\dfrac{7}{2}
Secondo la prima regola, dobbiamo calcolare il minimo comune multiplo di tutti i denominatori, e quindi moltiplicare entrambi i membri per tale mcm. Nella pratica ciò equivale a moltiplicare ciascun termine dell’equazione per il mcm dei denominatori.
Calcoliamo allora il minimo comune multiplo dei denominatori presenti:
\text{mcm} (3,5,2) = 30
Moltiplichiamo entrambi i membri dell’equazione per {30}:
30 \cdot\left(\dfrac{2}{3}x+9 \right)=30 \cdot \left(\dfrac{4}5{x}+\dfrac{7}{2} \right)
Ovviamente ciò equivale a moltiplicare ciascun termine dell’equazione per {30}:
30 \cdot \dfrac{2}{3}x+30 \cdot 9 = 30 \cdot \dfrac{4}{5}x+30 \cdot \dfrac{7 }{2}
ovvero:
20x+270=24x+105
Trasportiamo entrambi i termini al secondo membro al primo membro cambiandone il segno:
20x+270-24x-105=0
Sommiamo i termini simili:
-4x+165=0
Otteniamo la soluzione:
x=\dfrac{165}{4}
Ora, riprendiamo l’equazione intera a termini frazionari di partenza e applichiamo la regola alternativa:
\dfrac{2}{3}x+9=\dfrac{4}5{x}+\dfrac{7}{2}
Portiamo tutti i termini al primo membro (attenzione a cambiare i segni):
\dfrac{2}{3}x+9-\dfrac{4}{5}x-\dfrac{7}{2}=0
Mettiamo tutti i termini al primo membro a denominatore comune:
\dfrac{10 \cdot 2x + 30 \cdot 9 - 6 \cdot 4x-15 \cdot 7}{30}=0
A questo punto moltiplichiamo entrambi i membri dell’equazione per {30}. Ciò nella pratica equivale a moltiplicare semplicemente il primo membro per {30} (il secondo membro è infatti nullo). E in modo ancor più sbrigativo, quello che a conti e fatti dobbiamo fare è togliere il denominatore dal primo membro:
10 \cdot 2x + 30 \cdot 9 - 6 \cdot 4x-15 \cdot 7 = 0
Se infatti moltiplichiamo una frazione per il suo denominatore, ciò che otteniamo è una quantità intera pari al numeratore della frazione.
Ora eseguiamo i calcoli al primo membro:
20x+270-24x-105=0
Sommiamo i termini simili:
-4x+165=0
Ritroviamo la soluzione:
x=\dfrac{165}{4}
Forse il secondo metodo proposto è il migliore poiché più simile al procedimento con il quale risolveremo le equazioni di primo grado frazionarie o fratte (quelle cioè con almeno un termine in {x} al denominatore). In ogni caso consigliamo di seguire per la scelta le indicazioni del vostro insegnante.
Attenzione. Come appena visto, in un’equazione della forma {\dfrac{P(x)}{n}=0}, ove {n} è un numero, possiamo tranquillamente eliminare il denominatore senza alcuna discussione. Vedremo invece più avanti, nell’ambito delle equazioni fratte, che per eliminare un denominatore ove è presente l’incognita dovremo sempre effettuare un’opportuna discussione. Ciò per evitare di alterare il campo di esistenza dell’equazione, dribblando così il rischio di incorrere in soluzioni estranee.
Conclusioni
Per quanto riguarda la teoria su come risolvere le equazioni di primo grado è tutto. Per gli esercizi è disponibile la scheda correlata.
Nella prossima lezione ci occuperemo dei problemi di primo grado, ovvero di problemi che possono essere risolti grazie alle equazioni di primo grado. Buon proseguimento!
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